il ricordo dei colleghi
didascalia

in foto da sinistra Mimmo-Ferrara con Franco Angrisani, Elio Scribani e Pietro Gargano
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Pietro Gargano
su Il Mattino, il giorno dei suoi funerali, gli ha dedicato un pezzo molto sentito, in cui ha anche ricordato l’amicizia fraterna che li ha legati per tutta vita, nel solco di tanti progetti realizzati e di tante battaglie combattute insieme:
«L’immagine più vivida che ho di Mimmo Ferrara risale alla tarda sera del terremoto, il 23 novembre 1980. Doveva allestire una redazione da campo nell’Irpinia devastata, si presentò col cappotto infilato sul pigiama a righe, non volle sprecare tempo per vestirsi. Ecco, la sostanza prima dell’apparenza era il suo distintivo di uomo e di giornalista […]. Più di mezzo secolo l’abbiamo passato insieme, abbastanza per rendere fratelli diversi, oltre che amici e colleghi […]. Il direttore Roberto Ciuni lo stimava tanto. Si discuteva di tutto, alla ricerca dei punti che univano. Perciò, pur avendo riferimenti politici diversi, ci ritrovammo quasi sempre dalla stessa parte. Era pragmatico, concreto. E tuttavia a rileggere il suo percorso professionale si trovano cruciali iniziative creative. Ad esempio, fu lui a battersi per l’istituzione della “Grande Napoli”, un settore che si occupasse di tutto quanto accadeva nella provincia metropolitana. La governò con la proverbiale energia, allevando una pattuglia di giovani di talento e dando nuova dignità ai paesi raccontati. Non soltanto cronaca nera e morte, come avveniva prima di lui, ma soprattutto vita delle comunità, difesa della loro sicurezza e della loro salute […]. A quel tempo, nei giornali nascevano amicizie vere. Buon riposo Mimmo, frate mio, te lo sei meritato».
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Antonio Sasso
«Professionista poliedrico, sanguigno e sempre pronto a mettersi in gioco dovunque in ogni incarico […], Mimmo è sempre riuscito a distinguersi grazie alla sua tenace volontà, a quel suo carattere estroverso, caloroso – a volte anche burbero, energico ma alla fine sempre conciliante e concreto – rivolto al rispetto di tutti e alla condivisione dei doveri. Un valore che conta e tanto nelle redazioni dove si lavora fianco a fianco […]. Qualsiasi cosa facesse si vedeva la sua impronta».
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Armando Borriello
Il Presidente del Sugc Armando Borriello, scomparso recentemente
«Ma su tutti, svetta Mimmo Ferrara, forse perché ancora fresco di abbandono. Il suo incedere bonario nei corridoi, la scorza di duro che nascondeva una persona buona, generosa, sempre pronto a dare consigli, ad aiutare tutti. Con lui non ho mai lavorato nella stessa stanza, ma quando “inventò” dal nulla la redazione “Grande Napoli” ne Il Mattino che copriva tutta la provincia, da Bacoli a Sorrento, decine di guaglioni con la voglia di fare il giornalista si fecero avanti. Su tutti e tutto Mimmone governava quell’ “impero”. E fu subito successo, grande successo […]. Per tutti aveva consigli, disponibilità, amicizia».
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Francesco Bellofatto
«Ho avuto pochi Maestri, ma buoni. Ma Mimmo era qualcosa in più, sempre pronto, anche da presidente della Casagit, a darti una mano non appena intuiva che eri in difficoltà. Mi accolse al Roma chiedendomi: Bellofaˈ, ma ˈo ssaje friere ˈo pesce cu l’acqua? E quanto ne abbiamo fritto, anche senza. Chi ha amato e ama il giornalismo, quello vero, porterà per sempre il ricordo di Mimmo dentro di sé».
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Ettore De Lorenzo
L’idea del Premio è nata da un post di Ettore De Lorenzo pubblicato su Facebook
«Perché quel giornalismo lì non esiste più. Il giornalismo fatto di verifiche sul campo, di suole consumate per arrivare sui posti, di ascolto, di confronto, di ricerca della verità. Quel giornalismo è morto, sepolto dalla velocità delle tecnologie, dai social network, che hanno distrutto l’informazione inondando il mondo di notizie inutili, false, non verificate, non ascoltate direttamente, non viste con i propri occhi. Il giornalismo è morto, e se non lo è sta agonizzando. Ai ragazzi che si affacciano a questo nobile mestiere vorrei dire di non dimenticare l’insegnamento dei maestri, ché non c’è nulla di nostalgico in questo. Oggi c’è un surrogato di giornalismo, e se è vero che l’informazione è un pilastro della democrazia, la nostra è anche un surrogato di democrazia. Mi piacerebbe che i “vecchi” giornalisti aiutassero i giovani a capire questi concetti e a farli propri rendendoli inderogabili. Solo così ricostruiremo una sana informazione. Mi piacerebbe istituire un premio e dedicarlo ai giovani che seguono le regole sacre del giornalismo, e intitolare il premio a Mimmo. Sarebbe un modo per continuare a far vivere i suoi insegnamenti e a dare un po’ di speranza nel nostro mondo alla deriva».